03/09/10

MENSA SCOLASTICA, PASTI A DISTANZA PER I BIMBI?



ORIA – A seguito di numerose peripezie amministrative e dell'immancabile intervento del Tar, il “servizio mensa nelle scuole dell'infanzia statali e preparazione di pasti caldi a persone anziane e/o in condizione di fragilità sociale” è stato finalmente aggiudicato, seppure provvisoriamente.

Se ne occuperà, se tutto va bene per i prossimi tre anni, la ditta Ladisa S.p.a., che però non dispone di un centro cottura in loco o entro la distanza, prevista tra i requisiti del capitolato di gara, di 15 chilometri da Oria. Ladisa, infatti, è una ditta barese con sede decentrata a Taranto.

I pasti, dunque, rischiano di arrivare scotti al termine del trasporto da Taranto a Oria, 45 chilometri circa, con buona pace di bimbi e anziani. Le cucine presso la scuola elementare “Camillo Monaco”, dove Ladisa ha cucinato fino allo scorso anno, non sono più disponibili e in ogni caso non rispetterebbero le disposizioni igienico-sanitarie in materia.

Ma andiamo con ordine, perché questa non è l'unica anomalia. Sul finire dell'anno scolastico 2009/2010, il Comune bandisce la gara, valore complessivo 540mila euro più Iva (4,80 euro a pasto Iva esclusa). La firma è quella del dirigente pro tempore del settore Servizi sociali, dietro incarico fiduciario, Antonio Spagnulo. Le offerte vanno protocollate entro e non oltre il 19 luglio 2010. A quella data, presso l'Ufficio protocollo giungono due proposte, quella di Ladisa e un'altra presentata da un'A.t.i. (Associazione temporanea di imprese) facente capo, pare, a una ditta di San Marzano di San Giuseppe.

Ladisa, studiata la documentazione fornita dal Comune, decide d'impugnarla perché la ritiene svantaggiosa e iniqua. Ricorre al Tar chiedendo l'annullamento previa sospensione dell'efficacia “del bando di gara e del relativo disciplinare nella parte in cui impongono che tra i requisiti di partecipazione vi sia anche la disponibilità di idonea struttura destinata a centro cottura posta ad una distanza non superiore a Km 15 dalla sede municipale; dell'ulteriore clausola contenuta nella lex specialis, nella parte in cui stabilisce che la certificazione di qualità ISO 9001 possa essere posseduta anche soltanto da una delle ditte raggruppate in A.t.i.; di ogni altro presupposto, ivi compresa la determinazione dirigenziale n.619 dell'11.6.2010 nonché il diniego di autotutela opposto dal Comune con l'inerzia serbata rispetto alle due note della ricorrente del 25.5.2010 e del 21.6.2010”.

Il Comune, in realtà, all'istituto dell'autotutela amministrativa era già ricorso il 10 giugno 2010, annullando la gara d'appalto (leggi QUI) e successivamente (il 16 giugno) pubblicando di nuovo il bando, ma evidentemente senza i correttivi richiesti da Ladisa.

Il 29 luglio (deposito in segreteria il giorno successivo) il Tar Puglia, seconda sezione di Lecce si pronuncia sulla questione e, con ordinanza, respinge la domanda di sospensione, giustificando così la decisione: “Considerato che la Società ricorrente ha regolarmente prodotto domanda di partecipazione alla gara de qua; che un effettivo pregiudizio potrebbe derivare soltanto da un provvedimento di esclusione, qualora l'Amministrazione non dovesse opportunamente ritenere di disporne un'ammissione con riserva; che pertanto allo stato non sono ravvisabili danni gravi ed irreparabili tali da giustificare la concessione dell'invocata tutela cautelare (la sospensione, appunto, del provvedimento impugnato ndr)”.

Così, tutto rimane com'era fino al 20 agosto, giorno della fatidica apertura delle buste, quando l'appalto viene aggiudicato appunto a Ladisa, che avrebbe presentato una migliore offerta tecnica. All'aspetto tecnico dell'offerta – si legge nel disciplinare di gara – sarebbe stato infatti assegnato un massimo di 60 punti, mentre a quella economica un massimo di 40 punti.

L'offerta tecnica della Ladisa avrebbe prevalso, dunque, nonostante l'evidente carenza del requisito relativo al centro cottura ubicato entro 15 chilometri dal Comune (Taranto ne dista circa 45, mentre San Marzano non più di 15, appunto), previsto – così come il possesso “cumulativo” della certificazione di qualità – anche nel nuovo bando.

Da tutto questo, comunque, al di là delle solite incertezze amministrative (su cui non spetta a noi giudicare ma al massimo, per quanto possibile, porle in evidenza per onor di trasparenza) emerge un interrogativo che tutti i cittadini (soprattutto se genitori) certamente si porranno: i bimbi mangeranno cibi scotti, seppure trasportati (ci si augura) in appositi furgoni alimentari, fintantoché Ladisa non si doterà del centro cottura in loco? Se sì, per quanto si protrarrà questa situazione? Sarebbe possibile, in qualche modo, prorogare l'utilizzo delle cucine presso la “Camillo Monaco”?

Intanto, notizia dell'ultima ora, la ditta concorrente sconfitta starebbe per ricorrere a sua volta al Tar avverso l'aggiudicazione a Ladisa e, inoltre, sarebbe sul punto di presentare un esposto alla procura contestando l'intero procedimento che avrebbe condotto a favorire la società barese-tarantina. (Eliseo Zanzarelli/Franco Arpa)

1 commenti:

questo appalto mi sembra un bel pasticcio... ha giocato anche la inesperienza del responsabile:

la clausola del centro cottura a non più 15 km è stata posta male e può risultare illegittima, , sulla base degli orientamenti del Tar e Consiglio di Stato era sufficiente indicare in un termine di max 30 minuti il tempo necessario per il trasporto dei pasti dal centro cottura alle singole scuole.

Inoltre il criterio di
attribuzione del punteggio (40 punti) relativo alla offerta economica è sproporzionato e illegittimo più volte annullato in casi analoghi dal Tar e Consiglio di Stato, perchè attribuisce illogicamente un notevole punteggio anche alla ditta che non offre alcun ribasso.

Illegittima anche la facoltà data alla amministrazione di ulteriore proproga triennale al termine dell'appalto se la ditta si è "comportata bene".... con chi ?

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