Il Comune mette a disposizione i locali, i cinque rioni della città li gestiscono ricavandone bar, spazi ricreativi, mostre, sale convegni, ecc. All’interno vi lavora gente bisognosa del quartiere. Qui è tutta un’altra storia…
- ORIA – L’anno scorso, più o meno di questo periodo, assieme ad alcuni amici del gruppo sbandieratori del Rione Lama, sono stato a Faenza (Ravenna). Motivo ufficiale, l’esame giudici dei musici; motivo reale, almeno per me, staccare un po’ la spina. Per la cronaca, a me l’esame – difficilissimo, a testimonianza che suonare e sbandierare non è uno scherzo ma un vero e proprio sport, duro come ogni sport agonistico che si rispetti – è andato male, a quasi tutti i miei compagni di viaggio un bel po’ meglio. Al di là di questo, avendo ormai appeso la bandiera al chiodo da 15 anni circa, la gita fuori porta faentina, oltre che per rilassarmi, l’ho sfruttata per altro.
Sapevo che Faenza, sebbene più grande (circa 60mila abitanti), in qualche modo somiglia a Oria, in particolare per via della spiccata vocazione turistica medioevale, legata al “Palio del Niballo” ma non solo. Non sapevo che a Faenza ci fossero cinque rioni: il Bianco, il Nero, il Rosso, il Verde, il Giallo.
Sapevo che gli esami Fisb (Federazione italiana sbandieratori) si sarebbero tenuti presso la sede del Rione Nero. Non sapevo che la sede del Rione Nero fosse una sorta di reggia (la si può intravedere nell’immagine un po’ sfocata qui accanto).
I miei compagni di viaggio – tra cui anche una delegazione dei Federiciani incontrata sul posto – già conoscevano l’ambiente, quindi il loro approccio alla situazione non è stato dei più stupiti. Anzi, quasi erano dispiaciuti che si dovesse stare al “Nero” invece che al “Bianco” che, a quanto pare, dispone di una sede sociale ancora più bella.
Dinanzi a cotanta imponenza, mi sono chiesto, estendendo la domanda agli altri, quanto il Rione Nero e - già ch’era stato tirato in ballo - quello Bianco, fossero ricchi e dove prendessero i soldi per potersi permettere posti come quello.
Qualcuno mi ha risposto che ricchi, i rioni faentini, sono ricchi, ma di certo non pagano l’affitto di quelle strutture, che vengono loro concesse in uso dal Comune e poi completamente autogestite. Eravamo ancora all’esterno della sede-reggia e già cominciavo a tracciare le differenze con la mia, di città. Una volta all’interno, poi, il giochino del “trova le differenze” è venuto ancor più facile.
Dentro a quel piccolo castello in mattoni rossi, infatti, mi sono imbattuto in uno spazio quasi surreale, almeno abituato a come qui a Oria si concepisce una sede rionale.
Appena a destra rispetto all’entrata, ecco un piccolo bar aperto anche agli “esterni” ma gestito interamente dal Rione. Ci lavorano iscritti al gruppo e/o gente del quartiere che abbia particolarmente bisogno di lavorare.
Tutt’intorno, bacheche zeppe di trofei, cimeli di gara, bandiere, tamburi, foto storiche. E ceramiche. Già, perché Faenza, oltre che per le rievocazioni storiche, è nota per la produzione di ceramiche, che i mastri artigiani espongono sia nelle botteghe sia nelle sedi dei rioni d’appartenenza.
Nella sala accanto a quella d’ingresso - solo una delle tante -, biliardi, calciobalilla, videogame e diverssi ragazzi ad animare l’ambiente. E la sera, mi hanno detto, è ancora “peggio” (che poi sarebbe “meglio”, cioè con ancor più movimento).
Al piano di sopra, invece, l’ultimo spazio che ho visitato a parte i bagni, la grande sala conferenze in stile baita di montagna con le travi a vista sul soffitto. Qui avremmo sostenuto il nostro “esamino”.
Forse troppo preso dal mio gioco delle differenze o fin troppo rilassato dal viaggetto, come già accennato sopra, ho finito col badare poco al test e molto a confrontare tutto quel che mi circondava con quello che, invece, avviene a Oria. Dove, in fondo, la situazione non è poi così diversa. È proprio opposta.
I rioni sono quattro e i gruppi sbandieratori si contano a parte perché esistono rioni senza sbandieratori e sbandieratori senza rione. Tutti, sia rioni che gruppi sbandieratori, se vogliono una sede, devono pagare l’affitto ognuno di tasca propria. Talvolta ricevono oboli - una tantum e in misura variabile - dal Comune. La Pro Loco, in occasione del Torneo dei Rioni, fa altrettanto racimolando offerte “a piacere” dal Comune, dalla Provincia e da qualche sporadico sponsor.
Il Comune di Faenza gli immobili che non utilizza, prima di metterli all’asta, li pone a disposizione dei rioni, che sono considerati risorsa tutto l’anno e non fardello per undici mesi e vanto ad agosto.
I rioni faentini, così come la Pro Loco del posto, riescono a fare business e pagarsi le spese di gestione delle sedi sociali e in più a dare lavoro a gente del quartiere. In una, a mantenersi da sé, così da non dipendere da alcuno né essere ricattabili. A questo, in buona misura, contribuiscono anche i “contradaioli” (che poi sarebbero i cittadini) attraverso offerte e servizi (il fabbro, il falegname, l’avvocato, il medico, l’ingegnere, ecc. di quartiere prestano gratis la propria opera se ad averne bisogno sia il Rione). Si crea una sorta di solidarietà rionale che in diversi casi, paradossalmente, finisce per sopperire alle politiche sociali della stessa amministrazione (il caso dei baristi e degli inservienti nelle sedi rionali, pescati tra i meno abbienti del quartiere, è particolarmente indicativo in tal senso).
Insomma, in fondo, è valsa la pena andare a Faenza. Mi sono rilassato, ho imparato diverse cose nuove, tipo come si potrebbe fare a coniugare tradizioni, turismo, socialità e quotidianità. Consiglio a tutti una gitarella nel cuore dell’Emilia, soprattutto ai prossimi candidati sindaco e consiglieri. Per rilassarsi un po', certo. Ma non solo. Possibilmente prima di stilare i programmi da presentare agli elettori.
Oria dista da Faenza circa 750 chilometri, ma quella geografica è la minore delle distanze tra queste due cittadine a vocazione turistica. (Eliseo Zanzarelli)
(foto amatoriali scattate col telefonino)- ORIA – L’anno scorso, più o meno di questo periodo, assieme ad alcuni amici del gruppo sbandieratori del Rione Lama, sono stato a Faenza (Ravenna). Motivo ufficiale, l’esame giudici dei musici; motivo reale, almeno per me, staccare un po’ la spina. Per la cronaca, a me l’esame – difficilissimo, a testimonianza che suonare e sbandierare non è uno scherzo ma un vero e proprio sport, duro come ogni sport agonistico che si rispetti – è andato male, a quasi tutti i miei compagni di viaggio un bel po’ meglio. Al di là di questo, avendo ormai appeso la bandiera al chiodo da 15 anni circa, la gita fuori porta faentina, oltre che per rilassarmi, l’ho sfruttata per altro.
Sapevo che Faenza, sebbene più grande (circa 60mila abitanti), in qualche modo somiglia a Oria, in particolare per via della spiccata vocazione turistica medioevale, legata al “Palio del Niballo” ma non solo. Non sapevo che a Faenza ci fossero cinque rioni: il Bianco, il Nero, il Rosso, il Verde, il Giallo.
Sapevo che gli esami Fisb (Federazione italiana sbandieratori) si sarebbero tenuti presso la sede del Rione Nero. Non sapevo che la sede del Rione Nero fosse una sorta di reggia (la si può intravedere nell’immagine un po’ sfocata qui accanto).
I miei compagni di viaggio – tra cui anche una delegazione dei Federiciani incontrata sul posto – già conoscevano l’ambiente, quindi il loro approccio alla situazione non è stato dei più stupiti. Anzi, quasi erano dispiaciuti che si dovesse stare al “Nero” invece che al “Bianco” che, a quanto pare, dispone di una sede sociale ancora più bella.
Dinanzi a cotanta imponenza, mi sono chiesto, estendendo la domanda agli altri, quanto il Rione Nero e - già ch’era stato tirato in ballo - quello Bianco, fossero ricchi e dove prendessero i soldi per potersi permettere posti come quello.
Qualcuno mi ha risposto che ricchi, i rioni faentini, sono ricchi, ma di certo non pagano l’affitto di quelle strutture, che vengono loro concesse in uso dal Comune e poi completamente autogestite. Eravamo ancora all’esterno della sede-reggia e già cominciavo a tracciare le differenze con la mia, di città. Una volta all’interno, poi, il giochino del “trova le differenze” è venuto ancor più facile.
Dentro a quel piccolo castello in mattoni rossi, infatti, mi sono imbattuto in uno spazio quasi surreale, almeno abituato a come qui a Oria si concepisce una sede rionale.
Appena a destra rispetto all’entrata, ecco un piccolo bar aperto anche agli “esterni” ma gestito interamente dal Rione. Ci lavorano iscritti al gruppo e/o gente del quartiere che abbia particolarmente bisogno di lavorare.
Tutt’intorno, bacheche zeppe di trofei, cimeli di gara, bandiere, tamburi, foto storiche. E ceramiche. Già, perché Faenza, oltre che per le rievocazioni storiche, è nota per la produzione di ceramiche, che i mastri artigiani espongono sia nelle botteghe sia nelle sedi dei rioni d’appartenenza.
Nella sala accanto a quella d’ingresso - solo una delle tante -, biliardi, calciobalilla, videogame e diverssi ragazzi ad animare l’ambiente. E la sera, mi hanno detto, è ancora “peggio” (che poi sarebbe “meglio”, cioè con ancor più movimento).
Al piano di sopra, invece, l’ultimo spazio che ho visitato a parte i bagni, la grande sala conferenze in stile baita di montagna con le travi a vista sul soffitto. Qui avremmo sostenuto il nostro “esamino”.
Forse troppo preso dal mio gioco delle differenze o fin troppo rilassato dal viaggetto, come già accennato sopra, ho finito col badare poco al test e molto a confrontare tutto quel che mi circondava con quello che, invece, avviene a Oria. Dove, in fondo, la situazione non è poi così diversa. È proprio opposta.
I rioni sono quattro e i gruppi sbandieratori si contano a parte perché esistono rioni senza sbandieratori e sbandieratori senza rione. Tutti, sia rioni che gruppi sbandieratori, se vogliono una sede, devono pagare l’affitto ognuno di tasca propria. Talvolta ricevono oboli - una tantum e in misura variabile - dal Comune. La Pro Loco, in occasione del Torneo dei Rioni, fa altrettanto racimolando offerte “a piacere” dal Comune, dalla Provincia e da qualche sporadico sponsor.
Il Comune di Faenza gli immobili che non utilizza, prima di metterli all’asta, li pone a disposizione dei rioni, che sono considerati risorsa tutto l’anno e non fardello per undici mesi e vanto ad agosto.
I rioni faentini, così come la Pro Loco del posto, riescono a fare business e pagarsi le spese di gestione delle sedi sociali e in più a dare lavoro a gente del quartiere. In una, a mantenersi da sé, così da non dipendere da alcuno né essere ricattabili. A questo, in buona misura, contribuiscono anche i “contradaioli” (che poi sarebbero i cittadini) attraverso offerte e servizi (il fabbro, il falegname, l’avvocato, il medico, l’ingegnere, ecc. di quartiere prestano gratis la propria opera se ad averne bisogno sia il Rione). Si crea una sorta di solidarietà rionale che in diversi casi, paradossalmente, finisce per sopperire alle politiche sociali della stessa amministrazione (il caso dei baristi e degli inservienti nelle sedi rionali, pescati tra i meno abbienti del quartiere, è particolarmente indicativo in tal senso).
Insomma, in fondo, è valsa la pena andare a Faenza. Mi sono rilassato, ho imparato diverse cose nuove, tipo come si potrebbe fare a coniugare tradizioni, turismo, socialità e quotidianità. Consiglio a tutti una gitarella nel cuore dell’Emilia, soprattutto ai prossimi candidati sindaco e consiglieri. Per rilassarsi un po', certo. Ma non solo. Possibilmente prima di stilare i programmi da presentare agli elettori.
Oria dista da Faenza circa 750 chilometri, ma quella geografica è la minore delle distanze tra queste due cittadine a vocazione turistica. (Eliseo Zanzarelli)
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