ORIA – “Eccoli, prendeteli!”. Questo il grido della folla quando, a un certo punto della manifestazione, un gruppetto di quattro-cinque migranti (foto) è passato dall’altra parte del piazzale del municipio. Il solerte invito era indirizzato ai carabinieri presenti sul posto in servizio d’ordine, che proprio non ci si capacitava stessero lì impalati mentre “quelli” camminavano indisturbati lungo il marciapiede opposto. Ci mancavano soltanto le torce e i forconi, poi l’ambiente sarebbe stato quello giusto. C’è tensione e preoccupazione, fobia per il diverso. Si moltiplicano le iniziative private per far rispettare la legge: specie i cittadini più giovani, si organizzano e cercano gli immigrati, poi li caricano in macchina e nella migliore delle ipotesi li riportano indietro alla tendopoli. A più di qualcuno, però, sfugge che presso l’ex aeroporto militare sulla Oria-Manduria non è stato allestito un carcere a cielo aperto, ma un cosiddetto Cai (centro accoglienza e identificazione). Cosa sia e a cosa serva di preciso, per il momento non lo sanno neppure i responsabili, ma tutto sarà meno che un carcere. Fino a prova contraria, i profughi non sono dei galeotti, ma dei potenziali rifugiati in cerca di protezione internazionale. In ogni caso, non sta ai cittadini stabilire se siano clandestini o abbiano il diritto di rimanere in Italia: spetterebbe alle forze di polizia, che sono in evidente difficoltà e ancora non sanno che pesci pigliare, se trattenere a forza o meno tutta quella gente sotto la propria sorveglianza o, piuttosto, chiudere un occhio quando non addirittura tutti e due come pure accaduto almeno in 150 casi.
(el.zanz.)
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