31/03/11

ORIA INVASA DA IMMIGRATI E SCATTANO I CORTEI E LE PROTESTE


ORIA - Riportiamo da La Gazzetta del Mezzogiorno di oggi, pagina 3

A Oria i profughi sono ovunque. E la gente scende in piazza e protesta. Il centralino dei carabinieri è intasato, sono sempre più numerose le segnalazioni di profughi qui e là per il paese. L’altra notte, alcuni giovani a bordo di un furgoncino si sono messi in caccia di tunisini fuggiti dal centro d’accoglienza per riportarli indietro. Le ronde anti-immigrati sono all’ordine del giorno, come gli episodi di giustizia «fai da te».
Oria è un centro in provincia di Brindisi che conta poco più di 15mila abitanti ed è l’unico visibile a occhio nudo dal Cai (centro accoglienza e identificazione), che dista solo una manciata di chilometri. È qui, quindi, che si riversa la maggior parte degli ospiti che decidono di abbandonare la tendopoli presso l’ex aeroporto militare di Manduria. Il fenomeno immigrazione ha colto di sorpresa la popolazione locale, che già da lunedì si ribella contro una decisione piovuta dall’alto. Promossa da un comitato spontaneo, ieri si è tenuta una manifestazione proprio all’imbocco della provinciale. Lo striscione esposto dai manifestanti recitava così: «Dignità agli immigrati, sicurezza per i cittadini».

Così Angelo Lippolis, portavoce del comitato: «Qui rischiamo di diventare una seconda Lampedusa. La nostra non è xenofobia, ma semplice buonsenso: Oria non può già farsi carico dei migranti presenti, figurarsi delle altre migliaia in arrivo. Questa è un’emergenza sociale, perciò chiediamo che le istituzioni ci siano vicine, ci offrano delle garanzie e si adoperino per incrementare la sicurezza, che è carente. E pare debba andare avanti anche per molto, molto altro tempo ancora».
Il Comune per il momento è commissariato, ma si vota a giugno e qualcuno propone l’istituzione di un assessorato all’Immigrazione. I candidati a sindaco sono tre e sull’argomento sono sintonizzati tutti sulla stessa lunghezza d’onda: avanti così, proprio non si può andare. Gli animi, in alcuni casi, sono esasperati.

Una signora, nel corso della manifestazione di ieri, ha preso la parola per sfogarsi: «Ma quale accoglienza? E a noi chi pensa, che stiamo peggio di loro? Mio figlio necessita di un’operazione chirurgica urgente e sa quanto mi hanno chiesto? Diecimila euro! E noi quei soldi non li abbiamo. E la politica che fa? Bada agli immigrati e spende per loro fior di quattrini».

Le scuole da lunedì scorso chiudono le cancellate d’ingresso per riaprirle solo quando suona la campanella dell’ultima ora. I carabinieri, che da anni lamentano problemi di organico, sono tartassati dalle telefonate dei cittadini, oltre che dalle denunce di presunti reati - dalle violazioni di domicilio ai furti alle aggressioni ai tentativi di stupro - dei quali vengono ormai accusati i profughi senza che però si trovi mai alcun riscontro.

Lunedì è stata rubata una macchina che era parcheggiata per strada. Da queste parti accade spesso. I proprietari hanno subito collegato l’e pisodio alla presenza di tunisini, libici, africani in genere. Poi però si è scoperto che a rubarla erano stati i soliti noti del posto.

Eppure, qui come in tutta la Puglia e nel Brindisino in particolare, è ancora vivo il ricordo degli anni Novanta, quando ai tempi dell’esodo albanese anche Oria recitò la propria parte d’accoglienza. A decine qui trovarono casa, famiglia, lavoro: Bujar Arapi è ormai uno dei più noti e apprezzati artisti locali. La generosità, comunque, emerge nelle ultime ore. Sono sempre più i generi di prima necessità – pasta, pane, acqua, ma anche indumenti e scarpe - che i cittadini depositano al centro e sempre meno gli episodi di discriminazione. Segno che forse qualcosa sta cambiando.

È così che Oria, piccolo centro che nel breve volgere di un week end si è scoperto multietnico, vive oggi questa nuova esperienza. Tra paura e solidarietà. A pochi chilometri di distanza, in provincia di Taranto, Manduria si guarda allo specchio ed è percorsa dal brivido del razzismo. Il campo ricade in territorio manduriano. Il paese scruta la ruga più profonda: il segno dell’insicurezza. «Non dite cavolate, giornalisti! Qui ronde non ce ne sono. Siamo cittadini per bene, non siamo contro i tunisini. A loro ho regalato anche le sigarette».

Mentre il sole scende dietro le tende blu e il campo diventa un’enorme sagoma divorata lentamente dal buio, lo specchio in cui si guarda Manduria va in frantumi. «Le ronde sono una vergogna» urla un anziano dal ciglio della strada circondato dai ragazzi della «Rete antirazzista» giunti, ieri pomeriggio, da tutta la provincia di Taranto per manifestare chiedendo «la chiusura del campo perché - spiega il leader Enzo Pilò - non possiamo trovarci di fronte a qualcosa che somigli a Guantanamo».

Di rimando, Angelo, ritenuto una delle anime della protesta, si scaglia contro chi lancia le accuse: «Non sono razzista - grida - e non ci sono ronde. Noi non meniamo nessuno». Poi racconta: «Martedì sera abbiamo fatto un giro alla stazione e abbiamo intercettato trenta tunisini appena fuggiti dal campo. Abbiamo chiamato i carabinieri e, alla fine, i documenti li hanno chiesti a noi. Non abbiamo torto un capello a nessuno. Non siamo “acchiappaimmigrati”; vogliamo solo salvaguardare Manduria. Ci chiamano sceriffi, dicono che organizziamo le ronde. Chi mette gli striscioni definendoci razzisti non ha capito niente. La situazione è invivibile ma la colpa è di altri. Di chi? Di chi fa del male a noi, al nostro paese». (Fulvio Colucci e Eliseo Zanzarelli)

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