ORIA - Riportiamo da La Gazzetta del Mezzogiorno di oggi, pagina 2:
ORIA (BRINDISI). La «sala di comando» della tendopoli - la prima di 13 previste in tutto il territorio nazionale - attivate dal ministero dell’In - terno per fronteggiare l’ondata di clandestini che si sta riversando sull’Italia meridionale è diretta da Nicola Lonoce (foto). In quest’intervista alla «Gazzetta», il direttore Lonoce chiarisce alcuni aspetti giuridici e burocratici sulla tendopoli da 3mila posti sorta presso l’ex aeroporto militare di Manduria, a pochi chilometri da Oria.
Qual è l’esatta denominazione del campo?
«È un Cai, sigla che significa “Centro accoglienza e identificazione”. Qui i profughi vengono accolti e identificati, non sono reclusi, quindi è inesatto parlare di evasioni, ma sorvegliati nel loro stesso interesse».
E perché dovrebbero avere interesse a rimanere nel campo?
«Perché è qui che possono presentare richiesta per aspirare a diventare regolari: le pratiche sono già state avviate dalla mattina di lunedì».
In che modo diventano regolari?
«Presentando istanza di protezione internazionale, sussidiaria o umanitaria: la prima dura cinque anni, la seconda tre e l’ultima un anno».
Che differenza c’è fra le tre richieste?
«La protezione internazionale altro non è che il vecchio “asilo” ed è più completa delle altre due, che sono per così dire residuali. Le ultime due, nel caso di specie, si addicono più alle condizioni di quei cittadini stranieri che non provengono dalla Libia. La protezione internazionale, tra gli altri casi, è accordata ai cittadini provenienti da Paesi in guerra o discriminati in patria per motivi religiosi e sessuali, come è per gli omosessuali in alcune parti del mondo».
Quali sono i tempi per istruire le pratiche?
«In genere almeno due-tre mesi per pratica, ma al richiedente viene prima rilasciato dalla Commissione territoriale, con sede a Bari, il cosiddetto attestato nominativo. Il cittadino straniero in possesso di questo documento può eleggere un domicilio diverso dal campo profughi ma sempre e comunque in Italia, il primo Stato in cui sono stati foto-segnalati e sono state loro prese le impronte digitali». direttore tendopoli manduria Nicola Lonoce
Quelli che fuggono prima della fine di questo iter diventano clandestini?
«Sì, e qualora sconfinino all’estero, vengono rispediti in Italia dove, in quanto clandestini, potrebbero essere rimpatriati. Ecco perché dico che ai migranti nordafricani conviene attendere qui anziché tentare la fortuna».
Che cosa succede se la protezione internazionale viene negata?
«Il richiedente si può opporre e nel frattempo possono trascorrere anche due - tre anni nel corso dei quali, nelle more del procedimento, lo straniero è a tutti gli effetti regolare. Qualora il ricorso fosse ulteriormente respinto, c’è sempre la possibilità di valutare la concessione della protezione sussidiaria o umanitaria».
Quindi ai migranti converrebbe pazientare e attendere almeno quei due – tre mesi?
«Gliel’ho detto: evitare di fuggire è nel loro stesso interesse, ma spesso non sono così pazienti: hanno fretta di raggiungere la Francia ignorando che una volta là saranno respinti».
Ma queste cose a loro le spiegate?
«Certo, dopo la sistemazione negli alloggi e le visite mediche è la prima cosa che cerchiamo di fare, ma purtroppo non è facile spiegare in maniera semplice la burocrazia italiana».
Qual è l’esatta denominazione del campo?
«È un Cai, sigla che significa “Centro accoglienza e identificazione”. Qui i profughi vengono accolti e identificati, non sono reclusi, quindi è inesatto parlare di evasioni, ma sorvegliati nel loro stesso interesse».
E perché dovrebbero avere interesse a rimanere nel campo?
«Perché è qui che possono presentare richiesta per aspirare a diventare regolari: le pratiche sono già state avviate dalla mattina di lunedì».
In che modo diventano regolari?
«Presentando istanza di protezione internazionale, sussidiaria o umanitaria: la prima dura cinque anni, la seconda tre e l’ultima un anno».
Che differenza c’è fra le tre richieste?
«La protezione internazionale altro non è che il vecchio “asilo” ed è più completa delle altre due, che sono per così dire residuali. Le ultime due, nel caso di specie, si addicono più alle condizioni di quei cittadini stranieri che non provengono dalla Libia. La protezione internazionale, tra gli altri casi, è accordata ai cittadini provenienti da Paesi in guerra o discriminati in patria per motivi religiosi e sessuali, come è per gli omosessuali in alcune parti del mondo».
Quali sono i tempi per istruire le pratiche?
«In genere almeno due-tre mesi per pratica, ma al richiedente viene prima rilasciato dalla Commissione territoriale, con sede a Bari, il cosiddetto attestato nominativo. Il cittadino straniero in possesso di questo documento può eleggere un domicilio diverso dal campo profughi ma sempre e comunque in Italia, il primo Stato in cui sono stati foto-segnalati e sono state loro prese le impronte digitali». direttore tendopoli manduria Nicola Lonoce
Quelli che fuggono prima della fine di questo iter diventano clandestini?
«Sì, e qualora sconfinino all’estero, vengono rispediti in Italia dove, in quanto clandestini, potrebbero essere rimpatriati. Ecco perché dico che ai migranti nordafricani conviene attendere qui anziché tentare la fortuna».
Che cosa succede se la protezione internazionale viene negata?
«Il richiedente si può opporre e nel frattempo possono trascorrere anche due - tre anni nel corso dei quali, nelle more del procedimento, lo straniero è a tutti gli effetti regolare. Qualora il ricorso fosse ulteriormente respinto, c’è sempre la possibilità di valutare la concessione della protezione sussidiaria o umanitaria».
Quindi ai migranti converrebbe pazientare e attendere almeno quei due – tre mesi?
«Gliel’ho detto: evitare di fuggire è nel loro stesso interesse, ma spesso non sono così pazienti: hanno fretta di raggiungere la Francia ignorando che una volta là saranno respinti».
Ma queste cose a loro le spiegate?
«Certo, dopo la sistemazione negli alloggi e le visite mediche è la prima cosa che cerchiamo di fare, ma purtroppo non è facile spiegare in maniera semplice la burocrazia italiana».
(Eliseo Zanzarelli)
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