04/04/11

STORIA DI "SILVIO IL BUONO", DA NIZZA A ORIA PER AIUTARE


ORIA. Il “Silvio buono” – è così che lo definiscono i migranti – è francese e fa il volontario (in foto, con la maglietta verde accanto ad Alfredo "Pippo" Carbone). Lo incontriamo in stazione nel pomeriggio. Lo scambiamo inizialmente per uno dei profughi e gli chiediamo come mai fugge, dov’è diretto, perché. Insomma, qualche domanda per conoscerlo meglio. Lui ci guarda, sorride e in un italiano perfetto risponde: “Io non fuggo, aiuto chi fugge”. Silvio non è un ospite del campo, ma gli ospiti del campo sono suoi fratelli. È arrivato in treno da Nizza per fare la sua parte, la parte del missionario in abiti civili. Oltre all’italiano e al francese, parla fluentemente arabo e inglese. Queste capacità le mette al servizio di chi è più sfortunato, che apprezza. Quando arrivano i treni, si posiziona sulla banchina e prima che i migranti in fuga siano respinti dalle forze dell’ordine è lui a fermarli, spiegando loro la situazione: “Fuggire non conviene, abbiate pazienza”. Gli credono, è uno di loro e per di più ha la faccia e i modi di un gran bravo ragazzo. “Silvio is a good man” (Silvio è un buon’uomo), dice un tunisino. È lui, il “Silvio buono”, non c’è bisogno di dire chi, per i migranti, sia quello “cattivo”. Lo conosciamo meglio.

Silvio, di dove sei e quando sei arrivato?

“Risiedo a Nizza, in Francia, ma anch’io ho origini nordafricane. Sono arrivato l’altro ieri (venerdì, ndr) e purtroppo parto stasera”

Come mai sei qui?

“Per aiutare chi è in difficoltà, è qualcosa che mi fa stare bene”

Qual è la tua missione qui?

“Oggi cerco di convincere chi vuole partire a restare qui, per non diventare clandestino ed essere arrestato. È dura ma bisogna avere pazienza”

Cosa ti ha spinto a venire sin qui?

“L’istinto e la conoscenza della condizione di questa gente”

Cosa pensi della politica sull’Immigrazione del tuo Paese, la Francia?

“Preferisco non rispondere, potrei essere sgarbato. Se sono qui, comunque, è evidente che la penso in maniera diversa.

Parti stasera, ma tornerai?

“Spero di no, vorrà dire che non ci sarà bisogno. Scusate ma ora devo andare, il dovere mi chiama”

Più in là ora il bisogno c’è. S’infila nel presidio umanitario, prende acqua, panini e frutta e comincia a distribuirli per tutto il piazzale. Questa sera andrà via e, prima di prendere a sua volta un treno per tornare in patria, vuole essere sicuro di aver fatto il massimo.

Eliseo Zanzarelli

(da La Gazzetta del Mezzogiorno, edizione Brindisi, 4 aprile 2011, pag. III)

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